mercoledì 29 luglio 2009

Essa giunse le mani e pregò


Si udivano passi, fruscio di vesti, gente che rideva e chiacchierava passando per l’andito; talvolta il tintinnìo di una sciabola o il rumore di speroni risonavano nel corridoio, seguiti dalle risate triviali o dalle voci rauche delle donne; voci che la Barberina conosceva per averle udite a pranzo.

La ragazza tremava dalla paura ogniqualvolta quel chiasso e quei passi s’avvicinavano alla sua porta.

Essa giunse le mani e pregò.

Invocò la santa della cappella alla quale la mamma sua aveva promesso di accendere un lume ogni sabato affinché la proteggesse.

Le parve di rivedere la piccola e modesta cappelletta dinanzi alla quale soleva passare ogni sera e ogni mattina con le sue pecore; le parve di vedere il lumicino che la sua mamma aveva acceso dinanzi all’umile altare, nell’angoscia se lo figurava come l’avesse veramente davanti agli occhi, rilucendo nella notte pura e serena che avvolgeva la montagna.

In quel momento le tornavano alla memoria tutti i particolari del luogo che così rivedeva nell’esaltamento della preghiera; rammentava le pianticelle alpestri che avea vedute altre volte fra le pietre rose e sconnesse della vecchia cappella, ne ricordava il colore, la fragranza, sentiva i profumi del timo, salire come un incenso verso l’immagine della santa, e mescolarsi al dolce chiarore del lumicino, quasi le offerte inscienti della natura si mescolassero al voto doloroso degli esseri viventi.

E la ragazza pregava con fervore, e l’animo suo agitato si figurava l’alto silenzio dei suoi monti avvolti nella notte, mentre l’orecchio sbigottito ascoltava ora il chiassoso andirivieni, ora la gioia triviale che scoppiava ad ogni momento, bestiale e sfacciata, dalle alcove e dagli anditi di quella casa.

I rumori di quella gioia salivano come una marea intorno a lei, crescevano col suo sbigottimento e colla sua paura.

La paura divenne alfine più forte del fervore.

Non pregò più, ascoltò...

Una mano si posò sulla gruccia dell’uscio.

Barberina gettò un urlo soffocato, e un uomo entrò nella camera.

La giovanetta, senza rialzarsi, più che inginocchiata, accasciata dietro la seggiola, lo guardava con degli occhi pieni di spavento: lo guardava come non avesse mai veduta nessuna creatura umana, nessun uomo prima di lui.

Era un signore che passava la quarantina.

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