lunedì 25 maggio 2009

Soffocare l’innocente ignoranza, nella ributtante esperienza del vizio

E questo veleno darlo a bambine, a fanciulle che ancora non sanno niente; e soffocare l’innocente ignoranza, nella ributtante esperienza del vizio, e dare un prezzo a quel fatto, e pagarlo, e misurare il valore della vergogna propria, data così a un’altra, troppo debole o povera per rifiutarla, e poi, infine, per concedere all’abuso una forma onesta, legalizzare e ordinare tutto ciò, e farne una istituzione civile!

Civile! Una istituzione che cresce e prospera con noi e intorno a noi, che ha i suoi uffici, i suoi impiegati, i suoi dipendenti; che riconosce la posizione sociale di una donna specialmente incaricata di incoraggiare, persuadere, accalappiare le giovanette povere, le bambine abbandonate; che riconosce volentieri anche quella di un’altra che accoglie in una casa quelle stesse fanciulle, e le inizia al vizio, ve le obbliga, e istorce danaro dalla loro abbiezione e dalle loro sofferenze.

Tutto ciò è legalmente organizzato, e cammina come un orologio; cammina così bene, che le giovani ben educate, le spose pudiche o non lo sanno o non se ne accorgono; e quell’istituzione fiorisce accanto alle famiglie, agli educandati, alle scuole pubbliche, quasi inavvertita da esse. E quella grande vergogna scorre nascosta nell’ombra, e porta via ogni giorno, ogni ora, una somma uguale di cose buone e di cose cattive, e lascia nel fondo dolenti e ammorbate delle creature umane sepolte vive in quel fango.

Sarebbero state buone e generose, sarebbero state madri devote, avrebbero amato, avrebbero vissuto anch’esse di una vita morale e intellettuale, sana e vigorosa, se la società l’avesse voluto; se nell’animo loro non avessero dovuto far posto al vizio, laddove avrebbe prosperato il bene; se non avessero dovuto darsi tutte, col pensiero, coll’intenzione, col corpo e con la mente, alle cose abbiette; se non avessero dovuto far posto incessantemente, nelle più recondite parti del sentimento e dell’intelletto, per ricevervi, ricevervi sempre, tutto il male altrui e diventare una macchina vivente che assorbe veleno e che vive del prezzo di quel veleno che l’uccide.

È un cambio mostruoso.

È quasi sempre l’innocenza e l’ignoranza che invece di salvarla, espongono la fanciulla a maggior rischio. Sono esse che la traggono in quella sepoltura di viventi, che legalmente ha ben altro nome; è quasi sempre prima che la giovanetta abbia incominciato ad avere coscienza di sé e dei propri diritti, che li perde tutti e muore alla vita civile.

La legge sorprende volentieri i primi errori della ragazza inesperta, e cangiando ipocritamente quello che era colpa prima, in uno stato riconosciuto e sanzionato da essa poi, la obbliga a legalizzare e perpetuare quegli stessi errori, e a racchiudere irrevocabilmente tutta la sua esistenza nella cerchia di quelle stesse colpe.

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