lunedì 4 maggio 2009

Su via bambina, spicciamoci, alla padrona le chiacchiere non piacciono

‒ Ma perché questo vestito è più bello del suo? Non è lei una persona di servizio come me e più di me, ‒ aggiunse umilmente, perché il fare di prepotenza di quella donna l’intimidiva assai.

‒ Non faccia tante storie: ‒ rispose l’altra con impazienza. ‒ Lo capirà fra poco il perché, e se vuole, anderà a chiederlo alla padrona. Il mio è un servizio diverso dal suo, ‒ e fece una smorfia ironica e sfacciata. ‒ Su via bambina, spicciamoci, alla padrona le chiacchiere non piacciono, e se non vuol essere mandata via...

‒ Mandata via! ‒ Barberina ripensò con terrore alla strada, alla gente che non conosceva, all’abbandono pel quale aveva tanto sofferto in quella stessa mattina, e ringraziò Dio d’averle fatto trovare un asilo, un padrone e una casa ove ricoverarsi.

Non fece più obbiezioni; e ritraendosi vergognosa e timida in un canto per non farsi vedere da quella donna, che senza nessun riguardo se ne stava in mezzo alla camera osservandola sfacciatamente, si spogliò e si rivestì.

‒ Siete un bel pezzo di ragazza; ‒ disse la donna, e aggiunse qualche altra osservazione che fece diventare la Barberina rossa rossa come un galletto.

Se la sua padrona di prima avesse sentito! pensò fra sé la Barberina, chi sa che cosa avrebbe detto! Doveva pure essere una gran sfacciata la servente!

‒ Si guardi nella spera ora, ‒ disse costei, contando la roba che la Barberina s’era levata e facendone un involto.

‒ Oh non s’incomodi, ‒ esclamò la ragazza confusa, vedendo che l’altra raccoglieva i suoi abiti caduti a terra, ‒ tocca a me a servire gli altri.

‒ Eh! eh! con quel visino! ‒ rispose ironicamente la donna. ‒ Ma la si guardi dunque nella spera.

La Barberina obbedì, e quasi quasi non si riconobbe. La ragazza che vedeva nello specchio le parve un’altra; si vide più grande, più snella, ma non per questo le parve che il suo aspetto avesse migliorato; quell’aria da signorina della quale andava debitrice all’abbigliamento elegante che portava, le sembrò una maschera bugiarda, e si vergognò profondamente nel vedersi vestita a quel modo, come se avesse voluto con quel lusso rinnegare se stessa, i suoi parenti, le persone che amava di più.

‒ Come mai, ‒ disse allora alla fantesca, ‒ potrò lavorare e far le faccende con questo bell’abito? È proprio sicura che la signora intenda che io lo metta nei giorni di lavoro?

‒ Se glielo manda vuol dire che desidera che se lo metta, ‒ e la donna con le vecchie vesti della Barberina sotto al braccio stava per andarsene.

‒ Ma... e i miei vestiti? ‒ domandò timidamente la ragazza.

‒ Li ripongo in un luogo sicuro e li potrà riavere quando vuole, ‒ replicò subito l’altra.

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