martedì 17 febbraio 2009

Era sull’orlo, cadeva.

Era sull’orlo, cadeva.

La Barberina stese una mano per reggersi in piedi: sentì un umidiccio freddo sotto alle dita e una cosa molle che cedeva e s’apriva sotto il peso della sua mano: era un pomodoro.

L’ortolana con voce stridula e dura la rimproverò. Gli occhi della Barberina s’empirono di lagrime, e non rispose.

Rialzò il capo e guardò nella strada... Dove andare, Dio santo, dove?

Ma tutta quella gente non capiva, non sentiva dunque nulla? La disperazione di quella giovanetta, quasi ancora bambina, che piangeva lì in mezzo a loro, nessuno fra tanti l’intendeva? Eppure passavano delle mamme portando seco con amore, sorridenti e attente i loro bambini, c’erano delle donne che rimbalzavano impaurite soltanto perché la ruota di una carrozza era passata troppo vicino alla loro veste, altre spaventate indietreggiavano perché il bambino dell’ortolana, annaffiando il lastricato dinanzi alla bottega, aveva minacciato di schizzarle coll’acqua, altri si salutavano premurosi o s’incontravano sorridenti; era dunque tutta quella gente capace anch’essa di sentire paura e affetto, e mostravasi anzi puerilmente esagerata nella propria sensibilità; eppure alla sua angoscia non v’era fra tutta quella gente chi prestasse attenzione. Ad essa, annientata dalla disperazione del più crudele abbandono, non riusciva di far intendere a nessuno quanto soffriva! Chi se ne avvedeva?

In quel momento ricordò le belle botteghe già vedute altre volte nelle vie principali della città. Ricordò con chiarezza morbosa tanti piccoli oggetti di lusso, tante piccole invenzioni ingegnose che v’avea ammirate, le quali dovevano servire alle necessità della vita dei ricchi; tutte cose che non aveva mai più rammentate dal giorno in cui i bambini della sua signora gliele avevano mostrate e descritte con orgoglio e loquacità infantile. Ora, a un tratto, le tornavano alla mente.

Come mai, pensava la fanciulla, quelli stessi che hanno inventate delle macchine che cuciono da sé, delle lenti maravigliose sulle quali rimane impressa per sempre l’immagine umana, dei fili miracolosi che portano lontano le parole con la velocità del pensiero, delle macchinette semplici come balocchi da bambini che pure ti sanno fare mille e mille gingilli graziosi e inutili, come mai quella stessa gente tanto attenta ai bisogni degli altri, tanto sapiente e ingegnosa nel soddisfarli, non aveva mai preveduto un bisogno crudele come il suo, e non aveva, prevedendolo, inventato nulla per rimediarvi?

Nella grande città dove c’era tutto, tutto quello che il capriccio poteva desiderare, dove ad ogni passo s’affacciava alla vista qualcosa di inatteso, di maraviglioso, dove a detta di tutti non mancava niente, per lei che soffriva tanto non ci doveva essere nulla, neppure chi le dasse un consiglio?

E alla Barberina pareva che i suoi occhi lagrimosi fissassero un vuoto smisurato, un abisso nero intorno al quale la civiltà festante danzava indifferente e sdegnosa.

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