lunedì 16 febbraio 2009

La giovanetta guardava supplichevole l’ortolana

La credeva al servizio, e sperava riavere la sua clientela. Ma quando la ragazza, con voce debole e interrotta, tutta confusa e vergognosa, come avesse lei la colpa di ogni cosa, le raccontò quanto era accaduto, allora l’ortolana fece un viso serio e cambiò l’aria di amichevole interessamento che aveva avuto prima in quella di una protezione un poco altera.

‒ Gran ciacciona quella Rosa portinaja! ‒ disse, ‒ la mi va ad inventare a questa povera ragazza che ho tanti servizi!... N’avevo, sì, la settimana scorsa, ma ora si son tutti accomodati.

E intanto misurava una libbra di susine ad un bambinetto.

‒ E quella signora... quella della quale aveva parlato la signora Rosa?

‒ Se le dico che quella signora Rosa è una gran chiacchierona!

E intanto sceglieva dei pomodori in una paniera e ne dava con delle patate ad una serva; ma la serva non volle quelle patate, e l’ortolana dovette andare in fondo alla bottega a prenderne delle altre e lasciare a mezzo il discorso.

Barberina era sulle spine.

Ritta davanti alle paniere, nella strada, urtata da quelli che passavano, sentendosi a mancare per la debolezza e per la fame, eppure reggendosi per lo sgomento che l’invadeva di nuovo, quasi ancor più terribile di quello di prima, aspettava ansiosa che l’ortolana finisse il suo discorso.

Finalmente la Beppa sbrigò la serva e ricominciò a parlare:

‒ Quella Rosa è proprio senza coscienza; va ad inventare di queste cose ad una povera disgraziata! Ma non lo sa forse meglio di me, lei che fa la portinaja, che in questa stagione tutti i signori sono in campagna? Cara la mia ragazzina, se sapesse quante ne vengono qui a chiedermi un servizio! E tutte ragazze per bene, robuste, svelte, certamente quanto lei. ‒ E diede una sbirciata al viso estenuato e pallido della ragazza. ‒ Ce ne vorrebbero dei padroni!

‒ Ma non conosce proprio nessuno che abbia bisogno della donna di servizio? Non importa che il lavoro sia duro, faticoso, grossolano...

La giovanetta guardava supplichevole l’ortolana. Essa era nella strada tutta sola, e il rumore confuso della città copriva la sua voce debole, quasi infantile. Quei rumori l’assordavano nello stato di debolezza e di paura nel quale si ritrovava.

Per un momento pensò al silenzio tranquillo e solenne che regnava nei suoi monti.

Fu quella un’alta visione di pace, un sogno ad occhi aperti; poi l’urto di un uomo che passava, le grida dei venditori di giornali, il rumore delle carrozze, dei barocci, delle voci e dei passi di tanta gente la stordirono di nuovo.

Quel rumore e quella città diventavano per essa una voragine.

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