giovedì 19 febbraio 2009

Per lei era tutt’uno

Quell’abisso formicolava di gente, di dolori, di miserie, mentre una minoranza felice passava accanto ad esso senza paura e senza vertigini.

Barberina piangeva.

L’ortolana la lasciò fare un poco, poi disse.

‒ Su via, bambina, che cosa fate? Non potete stare tutto il giorno qui in istrada, davanti alla mia bottega; fatevi coraggio.

‒ Ma dove debbo andare? ‒ esclamò la ragazza con angoscia.

La donna non rispose subito. Per un momento misurò anch’essa con la mente pigra e ottusa la profondità di quel dolore; ma poi, temendo che il suo egoismo non bastasse a toglierle dal pensiero quell’immagine straziante, fece uno sforzo di volontà e rispose:

‒ Non vi disperate; quello che non trovate qui, potete trovarlo facilmente altrove.

‒ Ma dove? ‒ mormorò la Barberina singhiozzando.

In quel punto una donna venne per comperare delle susine. Era una vecchia vestita civilmente, ma con un abito logoro e sudicio, un cappello unto e bisunto, che poteva essere stato bello in altri tempi, ma che ormai non era soltanto fuor di moda, ma quasi quasi non stava più insieme, tanto era sdruscito e usato. Quella donna, mentre comprava le susine, scegliendole in un paniere ad una ad una, toccandole tutte con delle dita magre e lunghe, di un color livido che le faceva sembrar ancor più sudice di quello che erano, sbirciava di tempo in tempo la Barberina con curiosità maliziosa. La povera ragazza non se ne avvedeva. Guardava la Beppa che pesava le susine, e il fondo della bottega pieno di panieri, fra i quali ruzzavano i bambini dell’ortolana; dietro a lei, nella via aperta, passava incessantemente, stridula e chiassosa, una corrente umana, che non si chetava e che non riposava mai. Barberina pensava alla signora Rosa, alla Beppa, alla portineria umida e buia, e alla bottega oscura che le stava dinanzi, ci pensava con desiderio, con invidia, stando nella strada, quasi fosse nel mezzo di un fiume guardando con angoscia la riva.

Sperava che la Beppa le rivolgesse spontaneamente la parola, e l’invitasse a restare, o almeno le indicasse dove poteva andare. Ma la Beppa non la guardava neppure.

La poveretta, vergognosa, umiliata, chinò il capo, e acciecata dalle lagrime che le pendevano fra le palpebre, fece un passo e si scostò dalla bottega. Non sapeva se doveva volgersi a destra, o a sinistra. Per lei era tutt’uno. Se avesse potuto indovinare la via che, traverso le grandi campagne che si stendevano intorno alla città, conduceva ai piedi de’ suoi monti; se avesse saputo come fare per arrivarci, sarebbe andata per quella via, così sola com’era, stanca e debole, e avrebbe camminato notte e giorno.

Ma essa ricordava che i suoi monti erano lontani; rammentava che glieli avevano fatti vedere un giorno i bambini della sua signora, e che le erano apparsi quella volta come una sfumatura azzurra e lucente all’orizzonte, tanto distanti, che il vederseli così lontani l’aveva allora accorata profondamente; adesso ripensava a quella sfumatura azzurra, vi pensava con terrore e si sentiva proprio e interamente abbandonata da tutti.

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