mercoledì 30 settembre 2009

E Luca?


Mentre scrivo queste pagine essa è tuttora vivente.
Tornata fra i suoi, vi ha ritrovato la pace e la serenità dell’animo. Guarita perfettamente del corpo, le è rimasto però un terrore sì grande di quello che aveva visto e patito, che non si può rammentarle quel tempo senzaché se ne conturbi tutta e che il delirio non la minacci di nuovo.
E Luca? ‒ domanderà forse qualche lettrice che avrà avuto la pazienza di seguirmi fin qui.
Di Luca non so nulla.
Vi sono amori più forti d’ogni pregiudizio, ma vi sono anche pregiudizi brutali e crudeli contro i quali l’affetto più gentile è impotente. Vi sono anche dei casi, come questo della Barberina, nei quali uno stato di cose violento e contro natura, che ha risvegliato sino all’ultimo limite tutti i ribrezzi e i disgusti del pudore, può alterare e smorzare quei sentimenti stessi, i quali hanno servito a risvegliare più vivamente i disgusti della vittima; mentre questa non poteva ignorare che per parte dei colpevoli era l’istinto di quegli stessi sentimenti, nella loro più brutale manifestazione, che fu cagione del delitto.
È avvenuto un che di simile nel cuore della fanciulla?
Non lo sappiamo.
Se ciò è stato, il tempo che ripara a tutto riparerà forse anche a questo.
Quello che possiamo affermare è che ormai essa è salva e al sicuro, e a noi basta.
E perché ella duri nell’essere sicura e sia salva davvero, non diremo né il nome della città nostra ove seguì il fatto narrato, né quello di chi ce lo raccontò.
Barberina è tuttora iscritta nei registri della Questura; la casa che la reclamava è tuttora aperta, e forse prospera più che mai, e una indiscrezione nostra potrebbe farla ritornare nel potere, legalmente riconosciuto, della padrona di quello stabilimento.
Quante, lettore, nelle quali fu minore l’energia del resistere o contro cui fu più prudente l’esecuzione del delitto, o meno evidente la prova dell’innocenza, subirono e subiscono ogni giorno di questi assassinii fisici e morali protetti dalla legge?
Eppure non ci si rimedia. E non ci si rimedia perché sembra insuperabile a tutti la difficoltà del discernere l’innocente fra tante corrotte e colpevoli, e perché non v’ha udito delicato che si creda capace di riconoscere fra le risa e gli urli triviali di tante perdute, il grido di dolore di una sola che invoca aiuto. E sgomenti della propria incapacità, l’impotenza è scusa ai migliori, che pur vorrebbero rimediare in qualche modo.
Si dovrebbe dunque disperare affatto di riparare a questo male e rassegnarsi a questa nuova forma di schiavitù sorta nei tempi moderni?

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