martedì 22 settembre 2009

Le si affacciava come visione spaventosa


E nell’ignoranza della sua innocenza prorompevano logiche ed energiche le sue imprecazioni contro l’assurda crudeltà che la condannava. Poi a momenti, sentiva tutta la sua debolezza, la sua impotenza e invocava aiuto, chiedeva di morire mille volte piuttostoché tornare in quella casa infame, e la memoria di quel luogo, di quella camera, le si affacciava come visione spaventosa, e con questa tornava il delirio e pareva dovesse ammalare di nuovo.
A che cosa potevano servire i conforti dinanzi a quel dolore, dinanzi al fatto irrevocabile? Sapendola religiosa e profondamente credente, cercarono di tranquillarla parlandole di rassegnazione, di sacrifizio; le dissero di accettare la sua sorte come un martirio e di piegarcisi perché tale era la volontà di Dio.
Ma anche la fede religiosa, profonda e sincera com’era quella che portava nel cuore la giovanetta, si ribellava ad ogni parola di rassegnazione, ad ogni parola che accennasse anche da lontano alla possibilità di tornare in quel luogo. Più vigoroso d’ogni credenza, era in lei un sentimento primitivo e forte di dignità personale; al di sopra di ogni cosa vi era un senso di ribellione onesta e selvaggia che non poteva piegarsi in nessun modo.
Non poteva. Non c’era rassegnazione, non c’era volontà divina o umana dinanzi alla quale piegasse; diceva che sarebbe morta prima, che sarebbe morta volentieri anche subito.
Era disperazione di donna, non più di bambina.
Per essa non vi era possibilità di conforto.
La buona monaca dell’infermeria non sapeva che cosa fare per quell’infelice; quel dolore la straziava; e il non soccorrerla le pareva un’infamia. Anche il prete dell’ospedale la pensava come lei. Ma come fare?
Immischiarsi, più di quanto avevano già fatto, con la polizia per questo affare, minacciava di suscitare dei grossi guai; il bravo sacerdote e la povera suora erano pesciolini, in confronto dei superiori i quali non vedevano le cose come loro. Questi avrebbero risposto, se essi avessero insistito di nuovo in questa faccenda, che i tempi correvano poco favorevoli per andare a cercarsi delle brighe con chi governava, e che meglio era il serbare la propria influenza per ottenere altri e più importanti favori.
E intanto la disgraziata guariva, e il giorno fatale si avvicinava sempre più, e nella poverina crescevano la disperazione e lo sgomento.
Allora nella mente caritatevole di quei buoni che si erano impietositi di lei, nacque un disegno, pio e ardito, ma la cui effettuazione era difficile e pericolosa, e il cui esito sembrava incerto assai.
Ne parlarono con altri. Cercarono di guadagnarsi l’appoggio di una società di beneficenza. Idearono un piano ingegnoso, lo studiarono, lo discussero.
Era una congiura di buoni. Un vero miracolo di carità intelligente e audace.

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