sabato 17 gennaio 2009

Poi ricadeva in uno scoraggiamento profondo

Quel noviziato non durò molto. Barberina era intelligente e docile, e imparò presto assai quello che la sua signora le insegnava.

Così in breve tempo la famiglia presso alla quale essa serviva incominciò a volerle bene, e la signora le affidava spesso anche i bambini perché li portasse a spasso o li accompagnasse alla scuola.

Barberina però non s’avvezzava alla vita di città quanto lo credevano i padroni, a’ quali non mostrava mai nessun dispiacere d’aver lasciato il proprio paese, nessuna impazienza di ritornarvi.

Eppure essa vi pensava sempre; vi pensava con desiderio, quasi con angoscia.

Alle volte la coglieva una paura irragionevole di non più rivederlo, di non potervi più andare, di aver smarrita la via per ritornarvi. E allora ricordava paurosamente la confusa fantasmagoria del suo primo viaggio; quasicché le molte persone sconosciute che avea incontrate, e i paesi nuovi che aveva veduti e percorsi, e il grande strepito delle locomotive e dei treni, fossero barriere insuperabili che la separavano tutte da casa sua.

Quanti e quanti giorni, mentre essa se ne stava seduta nell’ombra e nell’afa di una piccola cucina, la finestra della quale, dando sopra uno stretto cortile chiuso fra le case, non le mandava talvolta neppur luce bastante per cucire di bianco, quante volte in que’ giorni di pioggia o di nebbia ripensava alla viva luce del cielo che rischiarava i suoi monti, all’abbagliante luccicare del sole sulle vette di essi, e allora un’acuta fragranza montana le tornava alla memoria con intensità dolorosa, quasi fosse cosa reale; e con quella memoria veniva pure quella di Luca e delle sue liete canzoni, e parevale che a un tratto tutta la sua vita passata l’avvolgesse, le tornasse vicina, presente, e si rieffettuasse in un sogno ad occhi aperti, che le faceva parere ancora più triste la realtà.

La vita della montagna le appariva come una festa di luce e di colori, nella triste penombra della sua cucina.

Era la fata maravigliosa che si presentava desiderata, inattesa, agli occhi stanchi della povera Cenerentola. E Barberina fissava con gli occhi della mente quel sogno splendido, e guardava insaziata, col desiderio, nella vita passata, ricordando ogni cosa con avidità; ricontando tutto ciò che poteva rammentare, come se il ricordo le desse dei diritti di proprietaria e che le memorie fossero gemme o monete da ricontarsi con un piacere d’avaro.

Poi, finita quell’ora di sogni, ricadeva in uno scoraggiamento profondo, e cercava, aumentando d’attività e di zelo, di nascondere quell’afflizione alla sua buona padrona.

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